Contro la violenza di genere: educazione e sensibilizzazione

Guinea Conakry, Generazioni (foto di Alessandro Rocca, archivio LVIA)

di Marta Berbel Alberola

Nell’Ospedale di Panzi a Bukavu (Repubblica Democratica del Congo), il dottor Denis Mukwenge ha curato più di 50mila donne vittime di violenza sessuale, tanto da essere conosciuto come “il medico che ripara le donne”.

Durante la sua visita a Torino, in occasione della quale è stato organizzato l’incontro “La violenza alle donne come un’epidemia”, il dottor Mukwege ha dichiarato: “Dal 1999 ho iniziato a osservare un nuovo livello di violenza sessuale estremamente crudele”. In un contesto segnato dalla guerra civile (terminata nel 2002) e da crisi e conflitti interni, le violenze sulle donne sono usate come armi di guerra: “gli autori di questi crimini distruggono totalmente la vita delle donne dal loro punto di partenza. A causa delle lesioni alcune non possono più avere figli. Spesso contraggono l’AIDS. L’umiliazione le allontana dalla comunità. Gli stupratori distruggono così tutto il tessuto sociale dei loro nemici, le loro comunità, le loro generazioni future. Sanno che per annientare un popolo devono attaccare per prima la donna”, condanna Mukwenge.

Le donne sono distrutte fisicamente e psicologicamente; danni che possono richiedere una vita intera per essere superati: “le ragazze che ho assistito circa 10, 15 anni fa, sono ancora incapaci di condurre una vita normale”, dichiara Denis Mukwenge. Il medico ha inoltre creato la Fondazione Panzi che fornisce alle vittime servizi di assistenza legale, orientamento psicologico, formazione in materia di diritti delle donne e della famiglia, affinché possano ricominciare la loro vita.

Il “medico delle donne” assicura che questa situazione non è esclusiva della RDC o di contesti instabili e violenti, ma che la violenza sessuale e di genere si estende a tutti i paesi del mondo. Secondo l’UNESCO almeno una donna su tre in tutto il mondo ha vissuto abusi o violenze nel corso della sua vita. La violenza di genere non conosce frontiere sociali, economiche o nazionali e colpisce donne di tutte le età, sotto forma di violenza fisica, sessuale e psicologica, nonché come abuso economico e sfruttamento.

Denis Mukwenge percorre il mondo facendo conoscere la gravità della situazione attraverso la sua esperienza. In tal modo vuole far arrivare alla comunità internazionale questa realtà per innescare azioni di giustizia. Nel 2000, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 1325, che sollecita la protezione delle donne e delle ragazze nei conflitti e l’inclusione di una prospettiva di genere nei meccanismi di prevenzione, gestione e risoluzione di questi. Tuttavia, sappiamo che non sempre è rispettata ed è per questo che Mukwege fa appello a ogni cittadino a informarsi sul tema e a esercitare pressione per ottenere l’eradicazione di tali pratiche.

Cooperare contro la violenza sulle donne

Secondo l’organizzazione UN Women, gli uomini e le donne che non hanno avuto la possibilità di mettere in discussione i ruoli di genere, né gli atteggiamenti o le credenze a questi collegati, non saranno in grado di modificarli. La sensibilizzazione, quindi, è lo strumento che permette di cambiare il modo di sentire e di pensare delle persone –nei governi, nelle organizzazioni della società civile e nella cittadinanza in generale– e aumenta le probabilità di eliminare le forme di violenza. La sensibilizzazione è uno dei principali strumenti con cui le ONG lavorano per ottenere giustizia e parità.

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una data per informare e sensibilizzare su questo tema. Per celebrare questo impegno, alcune associazioni aderenti al COP che lottano per un mondo libero dalle discriminazioni contro le donne organizzano oggi un evento alle Raffinerie Sociali di Torino. MAIS, TAMPEP e RENKEN sono le tre ONG organizzatrici e promotrici del progetto GenerAzioni – Nuov* Cittadin* Contro la Violenza di genere.

Il progetto, che ha come obiettivo lottare e sensibilizzare sulla discriminazione di genere, è rivolto a gruppi di donne in condizione di vulnerabilità, molte delle quali giunte in Italia attraverso il flusso migratorio dei richiedenti asilo. Le partecipanti hanno seguito un percorso formativo durante il quale hanno approfondito alcune questioni fondamentali, legate alla loro condizione sociale: lo sfruttamento della donna, l’autodeterminazione, la schiavitù, la parità dei diritti, i diritti umani, la libertà di scegliere della propria vita. L’evento si comporrà di un pranzo e di un flashmob multiculturale con il desiderio di sensibilizzare e prevenire la violenza di genere.

TAMPEP, capofila dell’iniziativa, è una Onlus che dedica particolare attenzione alle donne e lavora sui temi della tratta, dello sfruttamento e della violenza. Una delle loro iniziative più importanti è lo Spazio Donna, un sportello che mira a costruire un luogo di ascolto per donne migranti che vivono in condizioni di vulnerabilità. “La nostra associazione non si occupa della violenza sulla donna come di un aspetto distaccato dal contesto. Ci occupiamo di violenza perché le donne che si rivolgono a noi hanno subito violenza di tipo sessuale oppure sono sfruttate … Se arriva una donna che ha subito violenza, lavoriamo in rete con gli enti del territorio per orientarla in base alle sue necessità”, spiega Piera Viale, coordinatrice dei progetti di TAMPEP. L’associazione svolge anche un lavoro di primaria importanza: l’informazione e la prevenzione sulla strada. L’unità di strada, con l’ausilio di una mediatrice culturale, incontra le donne in situazione di fragilità e offre loro i servizi gratuiti dell’associazione.

Come la precedente associazione, MAIS include la prospettiva di genere in modo trasversale in tutti i suoi progetti. Promuove la partecipazione e il protagonismo dei settori sociali più vulnerabili e dei soggetti discriminati, sfruttati ed esclusi. Inoltre, con progetti specifici, MAIS lotta contro le discriminazioni di genere sia in Italia sia negli altri Paesi in cui lavora.  

DiscriminaTo è un progetto rivolto alle scuole di Torino. Il lavoro si svolge all’interno delle classi ma coinvolge anche gli insegnanti e i genitori. Le attività sensibilizzano e informano sul tema delle discriminazioni, decostruendo pregiudizi e stereotipi.

A livello internazionale, MAIS agisce in Guatemala e in Nicaragua. Il suo lavoro consiste nel reinserimento sociale delle donne vittime di violenza o a rischio di sfruttamento sessuale attraverso la formazione, sia scolastica tramite borse di studio, sia di tipo professionale. L’azione è quindi destinata a favorire l’empowerment delle donne, dando loro strumenti e conoscenze, oltra a fornire sostegno psicologico e supporto di gruppo.

Una rete di aiuto internazionale

Seguendo le stesse linee d’azione e puntando all’eliminazione di ogni forma di violenza sulle donne, in accordo con l’obiettivo di sviluppo sostenibile 5: Raggiungere la parità di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze, altre Ong aderenti al COP lavorano in questo campo in altri Paesi. Tutti i loro progetti si concentrano sull’azione in tre settori chiave: la sensibilizzazione, il supporto medico e psicologico e la responsabilizzazione.

Le associazioni LVIA e CISV attualmente promuovono il progetto INSTRADA in Guinea Conakry. L’iniziativa si rivolge alle persone “di strada”, tra cui le prostitute, fascia di popolazione tra le più vulnerabili poiché esposte ad ogni sorta di pericolo e di violenza, senza alcuna protezione sociale. Il progetto, svolto in collaborazione con le Istituzioni Ministeriali locali, oltre a offrire attenzione medica alle donne, sta attivando uno spazio di ascolto, un servizio per chi vuole cambiare vita ma non ha le risorse per farlo.

L’Ong Comitato Collaborazione Medica (CCM) ha realizzato un progetto triennale dedicato specificamente alla violenza sessuale sulle donne in Burundi. Basata su tre province, l’iniziativa aveva come obiettivi la prevenzione delle violenze sessuali e la promozione dell’accesso ai servizi di trattamento e di accompagnamento psicologico per le vittime. CCM ha agito a vari livelli: implementando una campagna di sensibilizzazione e informazione rivolta alle comunità locali; rafforzando i servizi sanitari, sociali e giuridici offerti presso il Centro Seruka dall’associazione partner sul territorio; garantendo accompagnamento tecnico e finanziario agli ospedali distrettuali e ai centri di salute e ai centri socio-assistenziali delle tre province.

Sensibilizzazione ed informazione rivolta alle comunità locali presso il Centro Seruka (Burundi) dall’associazione Initiative Seruka pour les Victimes de Viol (partner del CCM)

 

 

 

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